Vai al contenuto

L’istruttoria di Osnabrück e il contributo del Comune di Baveno

3 febbraio 2019

Il contributo di seguito riportato compare sul n. 1/2019 di Nuova Resistenza Unita in uscita da fine gennaio 2019*. Fa parte degli inserti che dal n. 4 del 2016 pubblichiamo sul tema della Presenza ebraica nel Novarese nel periodo delle leggi razziali e della guerra. È il nono contributo dell’Équipe “Even 1943”**, gruppo di lavoro che, dopo la realizzazione dell’omonimo documentario costruito prevalentemente sulla base di fonti e testimonianze orali e sulla base della traccia tratta da testo di Aldo Toscano (L’Olocausto del Lago Maggiore), si è dedicato in particolare ad una ricerca bibliografica e alla costruzione di pacchetti didattici proposti alle scuole secondarie. Infine si è proseguito con la consultazione presso gli Archivi di Stato e Comunali in funzione dell’implementazione, periodicamente aggiornata, della banca dati del Centro di Documentazione e della diffusione dei risultati della ricerca – in più casi non solo arricchenti ma anche innovativi rispetto a quanto si conosceva precedentemente – con una apposita mostra e, appunto, con gli inserti di Nuova resistenza Unita.

In questo articolo si ricostruiscono le origini dell’istruttoria del Processo di Osnabrück che, come è noto, indagò e processò alcuni dei responsabili degli eccidi perpetrati in più località sul Lago Maggiore e paesi limitrofi da parte delle SS della Leibstandarte Adolf Hitler ***, nonché il contributo importante, e sinora disconosciuto, che il Comune di Baveno con il suo Sindaco Emiliano Bernasconi fornirono all’istruttoria e al processo.

L’istruttoria di Osnabrück

Nel numero VIII dell’inserto ci siamo occupati della stagione processuale in Italia e abbiamo osservato come, con il processo di Torino del 1955, l’unico fra gli eccidi del Lago Maggiore arrivato a procedimento e sentenza nel nostro paese fu quello relativo alla famiglia Ovazza a Intra.

Da parte tedesca, subito dopo gli eccidi e le notizie dei ritrovamenti di cadaveri riaffiorati dal lago, venne avviata una indagine interna alle SS per iniziativa del Generale (Brigadeführer) Theodor Wisch, comandante di divisione della Leibstandarte Adolf Hitler. Indagini poi interrotte e messe a tacere. Così Klinkhammer ricostruisce: “Wish, che si trovava a Salsomaggiore, fece fare delle indagini dopo le notizie sui ritrovamenti dei cadaveri nel lago. Già nell’ottobre 1943, inviò due giudici militari della divisione, gli SS-Hauptsturmführer Jochum e Franz, sul lago Maggiore. Queste indagini condotte dai giudici militari finirono in ogni caso nel nulla, vale a dire che si interruppero in seguito a un ordine superiore.[i]

Sempre secondo Klinkhammer anche il comandante del secondo reggimento Tenente Colonnello Hugo Kraas di stanza a Chivasso e il noto capitano Theo Saevecke, a capo dei servizi informativi della Polizia tedesca a Milano, vennero a conoscenza dei fatti e raccolsero informazioni. L’importante evidentemente era coprire tutto con un velo di silenzio dopo le che le notizie, seppur in modo impreciso, era giunte anche alla stampa straniera.

L’avvio di procedimenti per i crimini di guerra nazisti era già stato ipotizzato dagli alleati dal dicembre 1942 e si concretizzò, come è noto, con i processi di Norimberga sotto l’egida del Tribunale Militare Internazionale: quello principale (20 novembre 1945 – 1° ottobre 1946: 24 imputati con 19 condanne di cui 12 a morte) e i dodici cosiddetti “secondari” contro specifici gruppi (medici, giudici, ministri ecc.) dal 9 dicembre 1946 al 13 aprile 1949 (177 imputati con 142 condanne di cui 26 a morte). Successivamente furono circa duemila i processi che da parte delle nazioni vincitrici occupanti e successivamente dai tribunali delle due Germanie vennero celebrati per reati di guerra e razziali. Un’epoca processuale che non fu vista con favore da una parte della stampa della Germania Federale, letta come un rivangare inutile e controproducente. E non mancarono assoluzioni, amnistie e riabilitazioni.

L’atteggiamento della stampa e dell’opinione pubblica tedesca cambiarono significativamente nel 1958 in seguito alla vicenda di Bernhard Fischer-Schweder e al processo di Ulm (28 aprile – 29 agosto 1958; dieci gli imputati, tra cui Fischer-Schweder, tutti condannati a pene tra i 3 e i 15 anni) che mise alla luce lo sterminio di massa degli ebrei lituani, comprese donne e bambini, e il reinserimento nella vita civile dei criminali nazisti anche sotto falso nome. Il governo di Bonn, sotto pressione dell’opinione pubblica[ii], diede vita a partire dal 1° dicembre 1958 all’Ufficio centrale per l’accertamento dei crimini nazisti con sede a Ludwigsburg (Stoccarda) affidandone la direzione a Erwin Schüle, già pubblico ministero del processo di Ulm[iii].  Nel solo primo anno questo Ufficio avviò ben quattrocento indagini e la sua attività da allora non è mai cessata.

È proprio in questo primo anno di attività che, in seguito a denuncia anonima, l’Ufficio di Ludwigsburg iniziò a indagare sugli eccidi del Lago Maggiore; inizialmente le autorità militari si rifiutarono di indicare i reparti di stanza sul Lago che vennero individuati nel 1961 e i magistrati dell’Ufficio incominciarono gli interrogatori fra gli appartenenti alla Leibstandarte Adolf Hitler[iv]. Fra i nomi più ricorrenti emerse quello di Friedrich Bremer che era stato il comandante della quarta compagnia mitraglieri di stanza a Baveno e che verrà poi indicato come il principale imputato; era nativo di Dissen, paese rurale del distretto di Osnabrück e pertanto l’istruttoria venne demandata a questa Corte, in carico al Primo Procuratore Generale Dr. Bautz.

Friedrich Bremer

 

Nel 1963 venne inviato a Milano il dott. Gerhard Viedmann per raccogliere elementi utili per il procedimento, e in particolare le indagini interne condotte all’epoca dei fatti da Theo Saevecke, il cui incartamento però “era andato distrutto”[v].

Si svilupparono così la collaborazione, ampiamente nota e documentata, della Procura di Osnabrück con il Tribunale di Milano, nella persona del dottor Antonio Amati, e il contributo fondamentale del CDEC, con Eloisa Ravenna, per individuare e contattare i testimoni italiani. Non noto invece – anche per noi rappresentò una “scoperta” quando reperimmo l’incartamento presso l’archivio comunale[vi] – il ruolo assunto dal Comune di Baveno con il suo Sindaco Emiliano Bernasconi.

 

Il contributo del Comune di Baveno

Il rapporto tra il Comune di Baveno e il “Tribunale provinciale di Osnabrück” iniziò con una lettera[vii] del 20 dicembre 1965 in cui, a nome del Giudice Istruttore, dopo aver ricordato le indagini in corso “a carico di appartenenti di prima alla ‘Leibstandarte’ delle SS Adolf Hitler per omicidio di ebrei a Baveno e Meina commesso nel mese di settembre 1943” si richiede al Sindaco la pianta dettagliata di Baveno con la collocazione degli alberghi (“Bella Vista, Bella Riva, Lido Palazzo, Sempione, Ripa etc.”) tentando di accertare la disposizione dei reparti e degli ufficiali delle SS e di segnalare “quali testimoni fossero in grado di fornire informazioni di fatti relativamente agli avvenimenti di allora”.

Il sindaco Bernasconi non si limitò a fornire una risposta puntuale alle richieste del tribunale tedesco ma, facendosene carico in modo estensivo, nominò e convocò in prima seduta il 29 gennaio successivo una apposita commissione da lui presieduta composta da Patroclo della Valle, Franco Martellosio, Cesare Mercandino (già membri del CLN di Baveno) e Giulio Lavarini (comandante della 1a Brigata «Abrami» della divisione «Valtoce»). Dai verbali della seduta risulta che:

  • venne esaminata la richiesta del Giudice Istruttore di Osnabrück e si decise di convocare un primo gruppo di testimoni da interrogare in una seconda seduta fissata per il 26 febbraio;
  • nel frattempo si raccolsero testimonianze sottoscritte e in particolare quella di Giancarlo Samaia, cugino dei Luzzatto residente a Milano, che oltre ad indicare con precisione i membri della famiglia prelevata dalle SS “assistette personalmente con un medico di Baveno di cui non ricorda il nome” alla esumazione di resto umani “sulla spiaggia prospiciente la villa ‘AL RUSCELLO’… ma esclude che questi resti fossero dei membri della famiglia Luzzato”; suggerì inoltre possibili testimoni;
  • si informò il Tribunale di Osnabrück, con lettera del 7 febbraio, della istituzione della commissione e delle sue finalità.

Il 26 febbraio, come stabilito, si effettuò la seconda seduta della commissione; furono convocati sei testimoni ma solo tre si presentarono (Egidio Ferigato, Maria Pagani ed Elda Clerici vedova Pagani) e furono interrogati dal Sindaco alla presenza della commissione. Vennero poi individuati altri 18 testimoni da convocare e interrogare, se necessario anche fuori sede. Il Sindaco e l’architetto Mercandino furono inoltre delegati a “raccogliere a domicilio” le deposizioni di altri tre testi residenti a Milano.

Il 28 febbraio Il Tribunale di Osnabrück rispose al Sindaco ringraziando per «l’interesse attivo» e, al fine di «aiutare nel lavoro della commissione da Lei incaricata», allegò la rogatoria precedentemente inviata il 17 dicembre 1964 al Procuratore Generale della Corte di Appello di Milano (pp. 1-9) con il nome degli imputati e una prima ricostruzione degli eventi sotto indagine unitamente a dodici fotografie degli indagati scattate all’epoca dei fatti per permetterne l’identificazione.  Invitò la commissione alla discrezione e a non trasmettere nulla a stampa, radio e televisione. Si chiese soprattutto l’individuazione dei responsabili diretti degli omicidi e quali fatti specifici i testimoni diretti potessero descrivere.

Gli allegati (le nove pagine della rogatoria e le fotografie degli indagati in divisa) sono storicamente rilevanti perché permettono, con il raffronto alle sedute del processo del 1968[viii], di meglio comprenderne il percorso istruttorio. La “Rogatoria per audizione di testimoni” del dicembre 1964 è titolata “Causa di carcerazione” ed elenca in oggetto gli otto cittadini tedeschi già appartenenti alle “Waffen-SS” sottoposti a “procedimento di istruzione”: Friedrich Bremer (3.12.1919); Hans Röhwer (5.12.1915); Hans Krüger (18.4.1912); Herbert Schnelle (27.41913); Oskar Schulz (18.5.1922); Ludwig Leithe (19.6.1920); Fritz Plöger (29.6.1917); Walter Lange (5.9.1921). Di questi, viene precisato in seguito, “quattro imputati (Bremer, Röhwer, Schulz e Leithe) si trovano ancora in custodia preventiva”.

La rogatoria prosegue indicando le motivazioni del procedimento: “omicidio di un numero non ancora stabilito di ebrei greci ed italiani nei mesi di settembre – ottobre 1943 a Meina, Baveno e in altre località sul Lago Maggiore”. Viene fornita una sintesi di quanto “le indagini fatte fino ad ora hanno avuto come risultato” relativamente agli eccidi di Meina, Baveno, Arona, Orta[ix] con un elenco provvisorio delle vittime, dei possibili responsabili e la disposizione dei reparti:

cap. Hans Becker  “All’incirca del 10 settembre 1943, la regione della riva occidentale del Lago Maggiore fu occupata da formazioni del 1. battaglione delle «Leibstandarte SS – Adolf Hitler». Il comando del battaglione, insieme con le 4. e la 5. compagnia, fu stazionato a Baveno, la 1. compagnia a Pallanza, la 2. compagnia ad Intra e la 3. compagnia a Stresa”.

Risulterebbe che il comandante del battaglione, Hans Becker[x]sia stato in licenza al momento del fatto essendo rappresentato dal Röhwer”.

Vengono indicati 19 testimoni italiani o comunque residenti in Italia, tredici individuati grazie a “una comunicazione del direttore dott. Mapelli del giornale «Corriere della Sera»” e altri sei “ricavati da rapporti dal giornale pubblicato a Roma «Il Momento»” (dicembre 1945-gennaio 1946) e si richiede di indicarne altri possibili. Dovranno esser interrogati “minuziosamente” senza giuramento, distinguendo con precisione la conoscenza diretta dei fatti da quella indiretta.

Degli otto indagati furono sottoposti a processo nel 1968 in cinque, con l’esclusione di Bremer (maestro fabbro di oggetti d’arte), deceduto per cancro prima del dibattimento, e di Plöger e Lange che vi entrarono invece quali testimoni[xi].

Le foto allegate sono 12 relative a otto membri della Leibstandarte; cinque sono con fronte e profilo abbinati, le altre a figura intera; non compaiono

ten. Gerhard Boldt

quelle di Plöger e Lange che, abbiamo visto fungeranno da testimoni; vi sono inoltre quelle del comandante Becker e del tenente Gerhard Boldt[xii].

Ritorniamo ai lavori della commissione di Baveno. La terza seduta fu convocata il 2 aprile 1966. Su 18 testimoni se ne presentano nove, mentre uno (Giovanni Boera, ex guardia comunale), non potendo partecipare per motivi di salute, aveva inviato una testimonianza scritta. Il Sindaco alla presenza della commissione interrogò separatemene i testi mostrando loro le fotografie per l’eventuale riconoscimento dei responsabili. “Esauriti gli interrogatori il Sindaco si riserva di procedere ulteriormente nelle indagini e di rinviare gli atti della Commissione al tribunale di Osnabrück”.

         

Tre mesi dopo, il 9 luglio, venne infatti inviato al Tribunale di Osnabrück un fascicolo di 21 pagine[xiii] con i verbali delle tre sedute della commissione, tredici testimonianze firmate e la trascrizione della lettera di Giovanni Boera, una sintesi dei fatti accertati e dei riconoscimenti; un elenco di dieci testi che “non si sono presentati a deporre ma che sono certamente a conoscenza dei fatti”; un elenco di altre persone, non convocate dalla commissione, ma “che possono fornire informazioni utili”. La ricostruzione del prelevamento delle famiglie Luzzatto e Serman, dei coniugi Wofsi e di Fanny Berger[xiv] è dettagliata. L’unica teste che dalle foto riconobbe con precisione singole SS (Hans Röhwer, Oskar Schulz e Gerhard Boldt), in relazione a quanto avvenuto alla famiglia Serman, è Maria Strola in Platini. Due testimonianze riferirono in modo preciso sul ritrovamento e l’esumazione dei resti davanti alla villa “Al Ruscello”, pur non offrendo elementi certi per l’identificazione dei cadaveri.

 

Così conclude la relazione: “Il lungo tempo trascorso dai fatti, la reticenza di taluni testi che non essendo vincolati dal giuramento non avevano obbligo di deporre su tutto quanto era eventualmente a loro conoscenza, la rapidità e la segretezza con cui agirono le SS., hanno reso assai difficile la raccolta di queste notizie. Sarebbe comunque impossibile negare che le donne e gli uomini ebrei o tali ritenuti dalle SS. più volte qui sopra nominati, furono arrestati e successivamente uccisi da una formazione di SS. che operò sul Lago Maggiore e prevalentemente a Baveno e Meina nel settembre/ottobre 43.

Numerose persone, di cui si danno qui di seguito i nominativi e gli attuali indirizzi, sono in grado di fornire informazioni sui fatti in oggetto. Per varie ragioni, benché sollecitate a farlo, esse non si sono presentate […] veda l’On.le Tribunale di Osnabrück di quali mezzi può, in collaborazione con la giustizia italiana, disporre per ottenere la deposizione”.  

 

L’anno successivo ai lavori della commissione di Baveno il tribunale di Osnabrück ristabilì i contatti con una lettera del 5 ottobre 1967 firmata dal Presidente della Corte di Assise, dott. Haak:

«Per il vostro aiuto gentile di allora, la Procura Generale di Osnabrück è riuscita a mettere gli autori presunti in stato di accusa davanti alla Corte di Assise …».

 

Riprese così la collaborazione tra il tribunale tedesco e il Comune di Baveno con una fitta corrispondenza che durerà sino alla conclusione del processo:

X per la convocazione dei testi con la richiesta di verificarne la residenza e la disponibilità effettiva a recarsi in Germania;

  •  per informarli sulle modalità di viaggio e su quelle di rimborso (allegando la apposita modulistica);
  •  per organizzare, in collaborazione anche con Eloisa Ravenna del CDEC di Milano, il viaggio stesso.

I testimoni relativi alla zona di Baveno (cfr. documento allegato del 14.12.1967) saranno 11, interrogati in cinque sessioni del processo tra il 31 gennaio e l’8 febbraio 1966. A questi si aggiungeranno altri non più residenti in zona, tra cui l’ex podestà Pietro Columella e il già proprietario dell’albergo Beau Rivage, Marino Ferraris[xv].

 

   

– – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – –

* Colgo l’occasione per invitare gli interessati ad abbonarsi. La quota di abbonamento alla rivista è di euro 11,00. Il pagamento può essere effettuato presso la segreteria della Casa della Resistenza oppure con bollettino sul Conto Corrente Postale n° 12919288, intestato ad Associazione Casa della Resistenza e inserendo come causale ABBONAMENTO NUOVA RESISTENZA UNITA. In alternativa con bonifico e stessa causale: IBAN: Banco Posta IT19Z0760110100000012919288.

** Composta da Ester Bucchi De Giuli, Gianni Galli, Gemma Lucchesi, Gianmaria Ottolini e Chiara Uberti.

*** La ricostruzione di seguito pubblicata supera e anticipa cronologicamente anche quella presente nel documentario, accreditata da molti, che faceva risalire l’istruttoria del Processo di Osnabrück ad una presunta indagine nel 1963 sull’operato a Milano del capitano Theo Saevecke, il capo dei servizi informativi della Polizia tedesca a Milano durante la guerra.

– – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – –

[i] Lutz Klinkhammer, Stragi naziste in Italia. La guerra contro i civili (1943-44), Donzelli, Roma 1997, p. 75; cfr. anche pp. 72-76.

[ii] Ad es. il Süddeutsche Zeitung pubblicò un editoriale intitolato “Noch sind die Mörder unter uns” (“Gli assassini sono ancora tra noi”).

[iii] Sulla vicenda Fischer-Schweder, processo di Ulm e nascita dell’Ufficio di Ludwisburg cfr. Nicholas Kulish – Souad Mekhennet, Il dottor morte. Storia della caccia al medico boia di Mauthausen, Milano, Mondadori 2014, cap. 15 passim e i due articoli reperibili online: The last nazi Hunters (The Guardian) e Gli ultimi cacciatori di nazisti (Il Post).

[iv] Marco Nozza, Hotel Meina, Net-Il Saggiatore, Milano 2005, p. 125-126.

[v] Ibidem. Le notizie relative all’indagine di Viedmann fecero supporre che Saevecke fosse indagato quale primo responsabile degli eccidi del Lago Maggiore e in più casi a ritenere che il procedimento di Osnabrück avesse preso avvio da una indagine sull’operato a Milano di Saevecke. Cfr. Giampaolo Pansa “Si tenta di accertare se fu Saevecke ad ordinare il feroce eccidio di Meina”, La Stampa, 7.03.1963. A noi, anche sulla base dei nuovi documenti reperiti, pare più corretta la ricostruzione di Nozza che fa risalire l’indagine al 1959 da parte dell’Ufficio di Ludwigsburg.

[vi] Il fascicolo si trova nella cartella ASCB1/881 titolata “Omicidio di ebrei – Processo di Osnabrück” (Riordino anno 2011). Salvo diversa indicazione nel paragrafo successivo faremo riferimento a questa documentazione.

[vii] La lettera, come tutta la documentazione successiva proveniente da Osnabrück, è in “traduzione certificata” curata e controfirmata da August Michel, lo stesso che fungerà da interprete durante tutte le sessioni del Processo con testimoni italiani. Le citazioni sono testuali, comprensive di alcune improprietà dovute ad una versione in italiano molto “alla lettera”.

[viii] Ampiamente documentate dalla stampa quotidiana dell’epoca e dalle ricostruzioni di Marco Nozza e Aldo Toscano.

[ix] Nell’individuazione dei possibili testimoni si fa riferimento anche a Mergozzo.

[x] Su Hans Becker (1911-1944) cfr. il contributo di Raphael Rues (inserto) nel numero precedente di Nuova Resistenza Unita. Le sue foto vengono comunque allegate.

[xi] Testimoniarono Plöger il 6.3.68 e Lange, che risultò uno dei testi chiave per l’accusa, il 18 e 19.4.68; cfr. Nozza, cit. p.166 e 177-180 nonché Aldo Toscano, Io mi sono salvato ecc. p. 172 e 196-198.

[xii] Testimoniò in modo reticente, non confermando quanto dichiarato in istruttoria, il 13 marzo e il 23 e 26 aprile 1968 (Nozza cit., p. 168-170 e Toscano cit. p. 206).

[xiii] In una lettera del 2 gennaio 1968 l’arch. Mercandino, alle soglie del processo di Osnabrück, chiede al Sindaco di Baveno per sé e per e componenti della Commissione, “copia del verbale d’inchiesta da me rassegnatole a suo tempo. A tutti noi che abbiamo collaborato al lento ma inesauribile moto della giustizia sarebbe grato conservare copia del predetto documento.” Si può pertanto desumere che lo stesso Mercandino ne sia stato l’estensore materiale.  Oltre che nell’archivio di Baveno copia del fascicolo è presente nell’archivio CDEC: «Relazione sugli interrogatori e sulle informazioni assunte dal sindaco di Baveno a seguito della richiesta presentata dal tribunale tedesco».

[xiv] Cfr. gli inserti precedenti di Nuova Resistenza Unita e in particolare i n. IV e V.

[xv] Interrogati il 19 febbraio e il 19 marzo Columella; 12 e 19 febbraio (in rogatoria a Milano) Ferraris.

Lascia un commento